Attaccare il finto lato debole

O finto lato forte?
Attaccare il finto lato debole

La realtà della pallacanestro giocata e del suo relativo insegnamento, rifugge da una sistematizzazione perenne. Fluttua anno dopo anno: miglioramenti dell’attacco che nel tempo provocano miglioranti nella difesa e viceversa. Una spirale continua. Anno dopo anno i problemi tecnico/tattici intrinseci nel gioco cambiano e contemporaneamente devono cambiare le nostre convinzioni, il nostro modo di vedere il gioco nel suo insieme.

Ovviamente ci si aspetta adattamenti minori per chi ha già consolidato un sistema di riferimento efficace ed efficiente, in grado di dare un numero ampio di risposte positive alle difficoltà da affrontare nel gioco, mentre per tutti gli altri che sono in un momento iniziale di formazione le modifiche possono risultare molto ampie e spesso delle vere e proprie conversioni ad U. Ma in ogni caso come dicono gli scozzesi: “Una pietra che rotola non raccoglie mai muschio”, quindi proviamo a pensare qualcosa di apparentemente nuovo o diverso.

Oggi sempre più si vedono difese che si staccano dal lato debole, in modo tale da rubare spazio agli attacchi, così da limitare i danni provocati dal marcare forti giocatori di uno contro uno o contro il sempre più usato (anzi quasi totalitario) utilizzo del Pick and Roll in attacco. Stunt, Fill the gap …o altre forme di flottaggio difensivo ormai sono parole/azioni sempre più utilizzate da allenatrici/allenatori. Sempre più si è bravi (o almeno si cerca di esserlo) nel conseguente Close up che si genera da queste scelte difensive. Scelte che in parte riproducono idee, principi delle difese a zona. Riempire l’area, avere un “lupo” sulla palla ed un “branco” alle sue spalle pronto a difenderlo in caso di deciso attacco del giocatore con palla.

Questo speculando sul gioco offensivo di oggi, che spesso non prevede squadre molto capaci nel passarsi la palla, ma più propense a limitare l’attacco ad uno, due massimo tre attaccanti, lasciando agli altri degli spot da occupare e dai quali vedere i compagni creare vantaggi da poter eventualmente sfruttare per una ricezione e scarico. Negli anni gli attaccanti hanno migliorato le loro capacità di penetra e scarica, producendo sempre più assenza di aiuto dal lato forte o posizionamento aperto alla palla ma sulla linea di passaggio, pronti a recuperare sul proprio attaccante.

Nel tempo si è migliorati anche nell’attaccare il lato debole (quello preposto a chiudere gli spazi e portare aiuto nel modo meno penalizzante per il proprio sistema difensivo). Si è anche sempre più attenti ad attaccare cambi sistematici o situazioni di blitz sulla palla.

Allora forse rimane ancora un momento da esplorare nell’attacco: il momento in cui uno spazio di campo da lato forte sta per diventare lato debole (o viceversa da qui il dubbio nel titolo di questo breve contributo).

Questo ovviamente comporta soprattutto per chi gestisce la palla un ampliamento della propria visione di gioco, del campo da poter vedere, e l’utilizzo di passaggi non canonici. Ma se vogliamo essere oggi attaccanti pericolosi con palla o senza dobbiamo ispezionare spazi nuovi e relativi fondamentali per attaccarli in modo efficace ed efficiente.

Pensiamo al concetto di ombra, quell’azione da fare mentre un mio compagno attacca il canestro penetrando verso la linea di fondo (diagramma n. 1).  Sempre più si vedono degli interessanti blocchi per il giocatore che segue la penetrazione, in special modo se la difesa forza verso il fondo – funnel down defense – per chiudere la finestra di campo a disposizione dell’attacco (diagramma n. 2).

Questa idea porta il giocatore con palla ad essere consapevole che mentre sta per attaccare il canestro o sta per giocare per un eventuale scarico verso il lato debole per attaccare una classica rotazione difensiva può avere anche la chance di fermarsi ed eseguire un passaggio (magari in gancio) verso il compagno che di fatto è andato a posizionarsi in ala.

Stessa idea è ipotizzabile per un taglio Iverson reverse (diagrammi n. 3 – 5).

Tutte queste bozze di idee offensive conducano ad attaccare, come detto, anche se non principalmente lo spazio che non è ancora lato debole ma lo sta per divenire, mettendo la difesa in un momento di accortezza imprevista, dato che si è grado di attaccare il ferro, creare gioco sul lato debole ma anche in uno spazio difficile da definire con i classici canoni difensivi.

Infine gli stessi concetti possono essere sviluppati dalle tante situazioni di blocco sulla palla sia centrale che laterale (diagrammi 6 e 7).

Mi rendo contro di presentare delle semplici ed opinabili “intuizioni”, che magari per molti sono pane quotidiano. Ritengo che in ogni caso sia un tema che meriti di essere approfondito. Allargare cosa attaccare quando ci si trova in situazioni di veloce cambio tra lato forte e lato debole, in quel breve lasso di tempo dove esiste una piccola ma importante terra di nessuno.

Aspetto vostre idee, critiche o evidenziazioni che ho scritto banali ovvietà. Questo nella speranza di poter in ogni caso stimolare un pensiero diverso, che cerchi di uscire da tutte quelle zone di conforto dove ormai ci siamo tutti chiusi per paure di rischi, critiche o prese in giro.

Ringrazio Jonata Chimenti, capo allenatore della B femminile della Stella Azzurra per il contributo, anche se il solo responsabile di queste elucubrazioni resto io.

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Postato da Raffaele Imbrogno

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Allenatore nazionale ed allenatore IV livello Europeo conseguito presso la Scuola dello sport.
Laureato in Scienze Statistiche ed economiche.
Insegnante a contratto da 20 anni presso La Facoltà del Foro Italico di Roma.
Formatore nazionale del CNA.
Match Analista con le nazionali maschile e femminili senior e con svariate nazionali giovanili.
Ha scritto tre libri: Il training camp dei Boston Celtics, The Swing Offense e The Princeton Offense per Calzetti Mariucci per il quale è uscito anche  Dalla Point Zone alla Pack Line defense.