Costruire un piano di allenamento per una squadra giovanile

Creare un piano d’allenamento significa avere a che fare con la vastità di argomenti, concetti, abilità, contesti e variabili insiti nella pallacanestro.
Costruire un piano di allenamento per una squadra giovanile

Saper costruire un piano di allenamento è una delle competenze più importanti per chi intende operare nell’ambiente del coaching cestistico, specialmente in ambito giovanile. Allo stesso tempo, però, risulta spesso essere anche l’abilità più difficile da apprendere nel percorso di ogni giovane allenatore.

Quasi mai chi si approccia per le prime volte ad un contesto di coaching in prima persona si sente adeguatamente preparato alla sfida che si trova davanti, che questo avvenga su un campo da basket come assistente se non addirittura subito da capo allenatore, o alle prime esperienze con un corso federale, a prescindere dal proprio background cestistico.

Creare un piano d’allenamento significa avere a che fare con la vastità di argomenti, concetti, abilità, contesti e variabili insiti nella pallacanestro, che ovviamente non possono essere trattati tutti nell’angusto spazio temporale di 120’ (per chi è fortunato) o 90’ (a volte anche meno).

Inoltre, spesso, non è possibile avere a disposizione il tempo adeguato a preparare un piano di allenamento (anche se dovrebbe essere imperativo riservarsi il giusto lasso temporale nella giornata per poterci lavorare), specialmente nei primi anni di esperienza quando farlo non è ancora immediato.

Per riuscirci nella maniera più efficace è fondamentale acquisire un metodo che consenta di fare proprio qualsiasi argomento “traducendolo” in una progressione da contestualizzare relativamente al gruppo, all’ambito e alle condizioni con cui e in cui si opera.

Il metodo proprio di ogni allenatore è specchio della capacità di mettere in campo i propri argomenti con coerenza, e la sua efficacia sarà determinante nella maggiore o minore sicurezza con cui questo avverrà.

Adeguata strumentazione

Presupposto fondamentale per lavorare bene è quello di operare con strumenti che ci aiutino nel nostro compito. 

Lo strumento basilare è ovviamento il piano di allenamento scritto. “Perdersi” durante la gestione di un allenamento è molto facile, per questo poter consultare il proprio piano in qualsiasi momento è importante. “Andare a braccio” o improvvisare non è mai consigliabile, nemmeno per gli allenatori più esperti.

Avere un piano scritto permette inoltre di condividerlo con il proprio staff, laddove si abbiano dei collaboratori a disposizione, in maniera che anche loro siano preparati sul da farsi.

Inoltre, la forma scritta permette di apportare modifiche in corsa rimanendo coerenti con quanto concepito inizialmente: imprevisti e cambiamenti sono sempre dietro l’angolo, ad esempio un numero diverso di giocatori rispetto a quanto preventivato, oppure un errore. Non è raro che ciò che funziona “sulla carta” non funzioni sul campo, e saper apportare modifiche in corsa e rapidamente è una skill alla base della nostra professione.

Trovare il proprio foglio da allenamento ideale è quindi necessario: uno ve lo abbiamo fornito già su questa piattaforma.

Contestualizzare il piano di allenamento

Il punto di partenza per preparare il piano di allenamento è contestualizzarlo in base a dei parametri.

  • Innanzitutto dobbiamo far riferimento al gruppo con cui lavoriamo: all’annata del gruppo, alla categoria di cui fa parte e al suo livello tecnico. A seconda di quanto è evoluto il gruppo il piano di allenamento e gli argomenti trattati potranno essere più o meno complessi o approfonditi.
  • Ovviamente tutto ruota attorno all’argomento: che deve essere coerente col livello del gruppo e deve essere unico. Non possiamo trattare più di un argomento per allenamento a livello giovanile. Possiamo farlo con gruppi senior e gruppi molto evoluti, ma sicuramento non possiamo farlo in un tirocinio da corsista. L’argomento determina gli obbiettivi dell’allenamento, e nella nostra professione noi operiamo solo per obbiettivi.
  • Anche il periodo dell’anno influirà sulla complessità della progressione (ma anche sull’intensità): la medesima collaborazione ad esempio (se è questo che stiamo trattando) sarà più o meno complessa (così come i relativi esercizi) a seconda se sia già stata proposta o meno al gruppo.
  • A seconda della strumentazione a disposizione l’allenamento e i suoi esercizi possono essere impostati in deverse maniere: su tutto il campo o su metà campo, con più o meno palloni e così via.
  • Le modalità degli esercizi inoltre sono da impostare anche relativamente al numero di collaboratori con cui operiamo: siamo soli? Abbiamo uno o più assistenti? Possiamo lavorare contemporaneamente su più metà campo o curare contemporaneamente diversi aspetti?

Struttura dell’allenamento

Dare una struttura al proprio allenamento significa individuare diverse fasi in esso.

Prendiamo a riferimento un allenamento di 90’. Fondamentalmente è utile dividerlo in:

  • Fase di attivazione: nella fase di attivazione dobbiamo operare contemporaneamente sull’attivazione muscolare e sulle esercitazioni fondamentali. Spiegheremo in seguto il come e il perché. Il tempo necessario è di almeno 20’, se possibile possiamo spingerci oltre.
  • Fase centrale: nella fase centrale sviluppiamo la progressione che tratta l’argomento dell’allenamento e gli obbiettivi che ci siamo preposti strutturando gli esercizi in un percorso ideale che va dal semplice al complesso, che permetta di introdurre l’argomento, istuirlo e correggerlo. Questa è la fase che richiede più tempo: 30’ sono il minimo sindacale ma possiamo arrivare anche a 40’ o 50’ (comprendendo pause per bere) togliendo tempo a riscaldamento e defaticamento se necessario, laddove la progressione lo richieda.
  • Fase di verifica: una volta istruito l’argomento è necessario verificarlo in un contesto reale (o quasi) di gioco, apportando le ultime correzioni e giudicando così il nostro operato e quello dei giocatori, così da poter valutare poi come progredire nei successivi allenamenti. Almeno 20’ sono d’obbligo, 30’ se la fase centrale non è ingombrante.

Nell’approfondire le 3 fasi partiremo dalla fase centrale, perché a nostro parere l’attivazione può essere funzionale alla progressione stessa. Quindi nel momento in cui costruiremo il piano di allenamento partiremo dalla fase centrale e poi perseremo a un’attivazione che sia funzionale.

Fase centrale

Come abbiamo detto la fase centrale consiste in una progressione su un determinato argomento, che proceda dal semplice al complesso e da un momento più istruttivo a uno di correzione.

Attenzione: tendiamo a parlare di progressione e non solo di esercizi perché vogliamo dare risalto al percorso di coerenza che deve essere centrale nella costruzione sua e degli esercizi stessi. Gli esercizi non devono assolutamente essere i protagonisti dell’allenamento. Al contrario devono essere semplici strumenti che ci permettano di portare in campo in modo coerente i nostri principi e i nostri obbiettvi. Non creiamo un piano di allenamento perché vogliamo proporre degli esercizi, ma scegliamo e concepiamo degli esercizi che possano essere funzionali a ciò che vogliamo istruire, correggere e verificare.

Procedere dal semplice al complesso significa fare riferimento alla facilità di esecuzione dell’esercizio di cui ci serviamo e assume diverso significato se stiamo lavorando in ambito offensivo o in ambito difensivo.

Offensivamente la semplicità si tradurrà in spaziature più larghe: lavorare attraverso un 2c2 su metà campo sarà sicuramente più facile che farlo attraverso un 4c4 su metà campo.  

Difensivamente, invece, un maggiore spazio sarà un elemento di complessità nella nostra progressione, quindi andremo ad agire delimitando gli spazi per gli attaccanti e non mettendo mai i difensori in inferiorità numerica, potremmo addirittura metterli in sovrannumero nella fase istruttiva.

Anche il numero di variabili da gestire per il giocatore è un fattore che determina la semplicità o la difficoltà di un esercizio: per un attaccante sapere che il proprio difensore ha la possibilità di fare solo una determinata scelta difensiva è molto più semplice che dover gestire più di una possibilità di scelta da parte del difensore e reagire con la giusta lettura.

Facendo un esempio ipotizziamo di voler costruire un piano di allenamento per una collaborazione offensiva abbastanza tipica come il blocco diagonale lontano dalla palla. 

Poniamo che il nostro obbiettivo sia allenare due letture nello specifico: nel caso in cui il difensore insegua chiediamo all’attaccande di sfruttarlo con un curl (ricciolo) e nel caso in cui il difensore tagli il blocco chiediamo all’attaccante di sfruttarlo in allontanamento (possiamo ovviamente inserire anche altre o più variabili a seconda della complessità che vogliamo dare e al background del gruppo).

Il primo esercizio che proponiamo è un 2c2 con appoggio su metà campo in cui chiediamo all’attacco di effettuare il blocco diagonale e alla difesa (già agonistica) di difendere inseguendo il bloccato (Fig. 1).

In questo primo esercizio dobbiamo istruire brevemente la difesa su ciò che deve fare (se l’argomento difensivo è già stato trattato secondo una propria programmazione occorrerà meno tempo) e soprattutto l’attacco, spiegando come vogliamo che il blocco venga sfruttato e quale sia la relativa tecnica per farlo.

In questa fase le correzioni devono essere abbastanza numerose e a volte globali (in modo da chiarire i punti cardine del nostro pensiero in merito). 

Se riusciamo a lavorare su due metà campo contemporaneamente possiamo essere più efficaci. L’esercizio dovrebbe prevedere una durata di circa 10’.

Successivamente proponiamo il medesimo esercizio istruendo la lettura da eseguire quando x5 lascia spazio a x2 per passare in mezzo al blocco (e la relativa difesa se non già fatto). 5 modificherà l’angolo di blocco per permettere a 2 di sfruttarlo in allontanamento (Fig. 2).

Anche per questo esercizio prevediamo 10’.

Conclusa la parte istruttiva della progressione siamo pronti ad entrare nel vivo delle correzioni (che a questo punto devono vertere prevalentemente sulla lettura più che sull’esecuzione e devono iniziare ad essere sempre più “volanti” e meno “globali”). Proponiamo il medesimo esercizio chiedendo ai due difensori di scegliere quale delle due collaborazioni difensive eseguire e quindi all’attaccante di leggere reagendo nella giusta maniera. Aggiungendo il difensore x1 e attivando il giocatore 1 (non più appoggio) giochiamo un 3c3 della durata di 10’ con spazi meno ampi e con un difensore in più (Fig. 3).

L’esercizio come i precedenti può prevedere una seconda parte a tutto campo a discrezione, in maniera da gestire anche il livello di intensità dell’allenamento.

Concludiamo così una sostanziosa fase centrale della durata di circa 30’.

Le pause per bere (così come in tutto il resto dell’allenamento) sono da inserire a piacimento, personalmente ci piace inserirle in maniera volante e di breve durata tra un esercizio e l’altro.

Fase di verifica

In questa fase andiamo sostanzialmente a inserire la collaborazione istruita e corretta finora in un contesto di gioco più reale, per vedere se i concetti sono stati assimilati dai giocatori e se vengono efficacemente spesi nel gioco. Questo è anche un momento di verifica proprio dell’allenatore che può così appurare quanto le proprie regole producano o meno gli effetti sperati.

Proponendo un 4c4 (10’) come in Fig. 4, una classica “doppia uscita”, rendiamo più reale il contesto di gioco e complichiamo ulteriormente spazi e letture difensive. Stiamo praticamente chiudendo la progressione per verificarla, le correzioni saranno quindi poche e senza interrompere il gioco.

Infine giochiamo il 5c5 (Fig. 5) vero e proprio (15’) prima prevedendo degli stop su metà campo, per avere maggior presa con le ultime correzioni da fare, e poi giocando vere e proprie partitelle dove a questo punto il gioco e l’intensità devono avere più spazio rispetto alle correzioni dell’allenatore.

Tra la fase centrale e la fase di verifica, soprattutto se abbiamo previsto una pausa consistente, possiamo anche inserire un breve esercizio di riattivazione (magari inserendo una gara di tiro).

Ovviamente dopo la conclusione della fase di verifica sarà da prevedere una fase di defaticamento come meglio preferiamo.

Fase di attivazione

Come abbiamo detto all’inizio la fase di attivazione può essere un momento di attivazione motoria e di allenamento dei fondamentali disgiunto dall’argomento dell’allenamento, ma è anche un’occasione per lavorare su fondamentali propedeutici e funzionali alla progressione che andremo a mettere in campo (questo permetterà anche di dover spendere meno tempo nella spiegazione durante la fase istruttiva).

Nel caso specifico della collaborazione del blocco diagonale lontano dalla palla potremmo lavorare su diversi aspetti:

  • Tecnica di tiro in ambedue le situazioni che abbiamo previsto (curl e allontanamento)
  • Tecnica di partenze in 1c0 da sviluppare nelle medesime situazioni
  • Tecnica di passaggio dal play al bloccato
  • Tecnica di passaggio da bloccato a bloccante (perché il gioco può svilupparsi in altre maniere oltre che con un tiro dopo il blocco, Fig. 6)
  • Tecnica di passaggio da bloccato a bloccate in collaborazione 2c0 da penetrazione (Fig. 7)

Questi ovviamente sono solo degli esempi, ciò che conta è preparare questa fase essendo consci di impiegare questi minuti (20’ almeno, meglio se più) nella maniera più proficua possibile: cioè allenando fondamentali, oltre ad attivare motoriamente i giocatori.

Conclusioni

Una volta acquisito e messo in pratica il proprio metodo sarà più semplice e immediato mettere in campo e su carta dei piani di allenamento coerenti. È importante ricordarsi che tutto deve essere provato sul campo da gioco e che è perfettamente normale dover continuamente modificare, cambiare e migliorare i propri piani di allenamento e il proprio metodo.

Solo così potremo col tempo essere sempre più efficaci, precisi e coerenti nel nostro operato.

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Postato da Davide Matteoni

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Istruttore Minibasket.
Allenatore squadre giovanili.
Allenatore squadre senior.
Libero professionista - Consulente del Lavoro.
Mastro birraio.