I genitori nello sport

Un'indagine sugli effetti condizionanti del ruolo del genitore in un contesto di sport
I genitori nello sport

I genitori sono da sempre presenti nelle vite dei figli, negli ultimi tempi però sono argomento di molte discussioni, come mai? Semplicemente perché, come molte altre figure, anche i genitori sono cambiati nel corso del tempo.

I genitori di ieri, per una serie di motivi, tra cui il momento storico e la numerosità del nucleo familiare, si approcciavano diversamente coi figli: era previsto più controllo e rigidità, erano meno propensi a riconoscere il successo ma più disposti a spronare il miglioramento.

Al contrario, la nuova generazione di genitori è più disponibile e aperta al dialogo, sottolineano le risorse e i successi presenti a discapito delle situazioni che si possono ancora migliorare. Questo ha permesso il recupero della parte affettiva che si era persa in passato ma ha favorito anche la comparsa di alcune difficoltà, una su tutte riguarda la tendenza dei genitori di proiettare sui figli i loro bisogni personali di affermazione e successo, nonché eccessive pressioni e aspettative.

Proprio per il mio interesse sull’argomento, nella mia tesi universitaria, ho cercato di approfondire questa tematica. L’obiettivo è stato quello di valutare quanto i genitori possano essere condizionanti nello sport, principalmente nei confronti dei figli e degli allenatori che li seguono.

Lo studio, realizzato nei mesi di Settembre e Ottobre 2020, durante l’emergenza data dal Covid-19, ha coinvolto, attraverso dei questionari: 49 genitori, 63 figli e 25 allenatori di una società di pallacanestro. Sono stati coinvolti i bambini dagli 8 ai 13 anni (in quanto ritenuti in una fascia di età molto condizionabile), i rispettivi genitori e allenatori. Per gli ultimi è stato necessario un rinforzo esterno alla società, al fine di aumentare la numerosità dei riscontri.

La raccolta dei dati è iniziata col questionario rivolto ai genitori, ricercando informazioni sul loro vissuto e presente motorio, sulle motivazioni che stimolano il proseguo dell’attività e sulle cause che invece porterebbero a cessarla. Sono inoltre presenti delle domande relative allo sport praticato dai figli, riguardanti il pensiero e le aspettative che i genitori pongono in loro, ma anche sulle possibili influenze che questi possono avere in ambito di autonomia personale e realizzazione della performance. Per rendere completa l’analisi genitoriale sono stati realizzati gli altri due questionari (figli e allenatori), con lo scopo di ricevere un feedback.

Terminata la raccolta e l’analisi dati, grazie alla piattaforma online Google form, sono stati messi in risalto quelli che sono sembrati essere i più significativi.

Lo sport è ritenuto importante da tutti i genitori, nonostante questo il 35%, passando dalla giovinezza all’età adulta ha smesso di praticarlo; principalmente per la mancanza di tempo (69%) o per pigrizia (19%), sono pochissimi i genitori che non lo smetterebbero per nessun motivo (12%). Percentuale, l’ultima, che dal 12% aumenta fino al 51% quando la stessa domanda viene sempre posta loro ma nei riguardi dei rispettivi figli; differenza netta che mi fa sorgere una domanda: l’attività fisica viene reputata dai genitori, per loro stessi, meno importante di quanto realmente sostengono?

Un merito che indubbiamente va dato ai genitori riguarda il fatto che moltissimi bambini si siano approcciati all’attività fisica fin da molto piccoli, sicuramente un bene, in quanto sarà più facile che questa diventi un’abitudine.

Lo sport viene praticato, indistintamente dell’età considerata, principalmente per mantenere la forma fisica e la salute, per il divertimento e la socializzazione. Solo per i bambini viene specificata la possibilità di imparare a star con gli altri e rispettare le regole.

Al 92% dei figli è stato permesso di scegliere la disciplina sportiva preferita, mentre il restante 8% è stato influenzato proprio dai genitori. La scelta dell’attività fisica in maniera autonoma da parte del bambino è molto importante, in quanto diminuisce la probabilità che questa venga abbandonata in futuro.

Il 55% dei figli (confermato anche dal questionario dei genitori) dichiara di essere autonomo sia nel vestirsi, lavarsi che prepararsi la borsa. Il 33% però, dichiara di poterlo essere ma viene aiutato indistintamente da parte dei genitori o richiede l’aiuto per pigrizia. Questo ci mostra che i genitori siano molto presenti ma alcune volte poco esigenti nei confronti dei figli.

La presenza dei genitori per i figli è importante durante le partite. In queste occasioni si nota che i figli si aspettano il tifo generico per la squadra, quando i genitori tendono ad incoraggiarli individualmente, compiacendosi a seguito di una loro buona prestazione e talvolta esternandola anche ad altre persone. Questi due atteggiamenti, anche se inconsci, indicano la tendenza dei genitori di proiettarsi nei propri figli, condizione che se non controllata può essere pericolosa per la loro crescita.

Dalle domande rivolte agli allenatori emerge che tanti genitori si rapportino con loro al posto dei propri figli, questo dato esalta ancor di più la scarsa autonomia dei figli e la poca esigenza da parte dei genitori.

La presenza dei genitori durante l’allenamento è gradita a due allenatori su tre, ed il 20% di loro risulta essere almeno parzialmente influenzato da questa presenza. L’80% degli allenatori ha dovuto affrontare almeno una critica genitoriale in carriera che porta il 40% di loro ad essere condizionato nelle successive valutazioni.

Comunque sia i genitori non creano solo problemi agli allenatori: l’84% dichiara di preferire che la figura dell’accompagnatore sia affidata proprio ad un genitore, in quanto più pratico.

Il genitore è la figura deputata a far da guida, da punto di riferimento per il figlio, non ci sarà mai, infatti, un’altra figura che potrà sostituirsi al ruolo e all’esempio fornito da un genitore; che deve essere presente e prestare attenzione agli interessi ed alle esperienze vissute dal bambino, sempre nel rispetto dei ruoli che il contesto sportivo propone.

La priorità dovrà esser data a quello che è l’aspetto più importante, che in età evolutiva corrisponde alla crescita caratteriale e comportamentale del bambino, evitando di diventare  fonti d’ansia e di stress, generalmente dovuti ad alte aspettative e proiezioni di desideri nel figlio.

Moltissimi genitori affermano di non dare molta importanza al risultato, ma nella realtà dei fatti sono ancora troppi che il fine settimana, basano tutta la prestazione sul semplicistico e banale risultato finale. Basterebbe riflettere sulla domanda che ogni adulto pone al proprio figlio al ritorno da una partita: “che avete fatto?” oppure “avete vinto?”, un classico che sfido chiunque a voler negare. Approcci scorretti, che danneggiano non solo i bambini ma anche gli allenatori che cercano di formarli, i quali continuamente si trovano davanti a gesti intrusivi e a critiche genitoriali, che li portano a prendere delle decisioni diverse, condizionate.

Sarebbe importante invece che i genitori valutassero il modo di comportarsi del bambino e la sua capacità di risolvere i problemi che la pratica sportiva gli presenta.

Il primo passo per i genitori potrebbe essere la pratica di più attività fisica, tutti la reputano importante ma moltissimi non la praticano più. Dovrebbero inoltre cercare di prestare più attenzione alle volontà dei propri figli, evitando di prendere decisioni al posto loro e stimolandoli ad essere più autonomi (es. non aiutarli a prepararsi la borsa e a parlare con l’allenatore).

Per gli allenatori e le società è fondamentale il primo approccio coi genitori, infatti, spiegare loro fin da subito la differenza tra il ruolo dell’allenatore e il ruolo del genitore, cercando di dar valore alla vecchia alleanza tra queste figure, limita sicuramente i successivi atteggiamenti caratterizzati da intrusioni e critiche.

A mediare il rapporto fra allenatori, genitori e bambini dovrebbe essere presente in ogni società la figura dello psicologo dello sport, il quale dovrebbe garantire il corretto sviluppo del bambino, sia fisico che mentale, grazie al mantenimento di un ambiente sano ed armonioso. 

Per concludere, ritornando al discorso precedente, potremo dire di aver fatto un notevole balzo in avanti quando saranno poste spontaneamente domande del tipo “come avete giocato?”, “ti sei divertito?” altrimenti l’esasperazione del risultato, le pressioni e le ansie generate nei figli, anche se in buona fede, comporteranno un approccio sbagliato nella crescita di futuri adolescenti e poi uomini.

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Postato da Andrea Calderaro

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Cresciuto nelle giovanili di Montecatini dove gioca in campionati di eccellenza e fa parte del roster di serie B del 2013/2014. I successivi 3 anni gioca ad Altopascio in serie C gold. 
Dal 2017 fa parte della famiglia Shoemakers, da poco sia in veste da capitano della prima squadra che di vice-allenatore delle giovanili.
Laureato alla Magistrale in Scienze e Tecniche dello sport e delle attività motorie preventive e adattate. Allenatore di base e presto allievo allenatore.